Il Flusso

The Map

Monday, December 19, 2011

Tre concerti

Questo weekend abbiamo assistito a tre concerti. Senza esagerare, ma uno più spaventosamente bello dell'altro. In ordine cronologico.

Venerdì sera decidiamo con Raquel, una compagna di classe spagnola di Aline, di diregerci al Glasslands Gallery, dove ero già andato a vedere un altro concerto. Ci suona Lee Ranaldo, il chitarrista dei Sonic Youth con il suo progetto solo. Dopo una birra a Williamsburgh andiamo alla sala, ma é presto. Decidiamo quindi di andare a mangiare mentre suonano i primi due gruppi, che nuncefrega. L'unico posto nei paraggi é il Williamsburger; indovinate un po' cosa si mangia? Gnam! Entriamo e ci sediamo e Aline fa: "Ma quello non é il batterista dei Sonic Youth (Steve Sheley)?" e lì di fianco c'é Lee Ranaldo che si mangiano tranquillamente un Hamburgerone come il nostro prima del loro concerto. Vorrei chiedergli mille cose, ma poi so che non riuscirei ad aprire bocca o a dire solo "Grazie!" allora lascio perdere. Vorrei pure fare una foto con loro intorno all'albero di Natale kitschissimo, ma non ce la faccio. Ci aspettavamo una cosa sperimentale, e invece il gruppo suona canzoni rock, alla Sonic Youth, vecchie e nuove. Il CD uscirà a marzo e io me lo preordino già. Non si sa se i Sonic continueranno a suonare, ma Ranaldo sa bene dove andare e cosa fare. E lo fa molto bene. Ho sempre pensato che fosse un rifinitore nei Sonic, uno che se ne sta dietro e segue, ma dopo avere sentito il suo concerto penso che il suo ruolo sia alla pari degli altri membri, se non più importante a livello di composizione. In ogni caso sentire metà dei Sonic Youth (Steve Shelley era alla batteria) in una saletta così piccola, con sonorità pressoché simili é stato abbastanza da pelle d'oca.

Sabato sera. In settimana avevo visto che suonavano i Dirtbombs aggratis, bastava mandare una mail: figata! Fatto, e fatto fare pure ad Aline e Dario che mi danno fiducia. Non vorrei arrivare in ritardo "Perché ci tengo a vedere sto concerto" e quindi siamo lì un'ora prima. E il posto é ancora chiuso, o c'era un altro concerto prima, boh. Andiamo a bercene una e quando torniamo la fila si é già formata. Ci mettiamo in fila, per una buona oretta a -4 gradi Celsius e finalmente ci fanno entrare, mezzi assiderati. Il primo gruppo fa proprio schifo. Hanno un sacco di capelli ma é tutto quel che c'é. Dopo un rhum & cola e un bicchiere di pop-corn (che accoppiata vincente!) iniziano i Dirtbombs, che un nome più adatto, non potevano trovarlo. Sono sporchi e ci lanciano addosso le bombe. Due batterie, due bassi e cantante chitarrista nero-gigante in mezzo. Macinano un pezzo dietro l'altro in un misto di punk, hardcore, blues e potenza. Ci sentiamo come a un concerto dei Dirtbombs a New York: yeah! Dopo un paio di bis e un finalone con assolo - trash di batteria interminabile il concerto finisce, e siamo sazi. Non manca niente. Solo la sciarpa di Aline (ca%*o!) e qualche ora di sonno. zzzz.

Domenica pomeriggio. Poteva finire così che già eravamo contenti, ma no. A due passi da casa nostra vive una signora, anzi, la Signora Marjorie, che ogni domenica alle 4PM apre la porta di casa sua e invita tutti quanti maschi-femmine-cantanti ad assistere a un concerto nel suo salotto. Già la cose detta così ci esaltava non poco. Con tre amici conosciuti ad una festa decidiamo di andare a vedere com'é. Arriviamo all'edificio ed é un vecchio building di Harlem in brownstones, bellissimo e massicio. Il super (il portiere) ci dice che é al 3f, sapendo già perché siamo lì nel suo palazzo. Ci andiamo, bussiamo ed entriamo e ci accoglie Marjorie, con una sua amica che ci fa di sederci che adesso arriva altra gente e i musicisti, di prendere posto. Ci sediamo. Arriva altra gente, tutti vestiti di scuro. Harlem + domenica = giorno del Signore = vestirsi bene. Io ho su un maglione di lana arancione che più sgargiante di così non si può. Mi sento leggermente osservato, ma vabé. Chissefrega. Quando il salotto, la cucina e il corriddoio sono pieni Marjorie attacca con un pezzo al piano. Poi entra il figlio e canta con una voce che avevo sentito uscire solo dal giradischi di mio nonno Luciano. Arrivano pure un saxofonista - clarinettista che duettano con il piano e poi entra il contrabbassista, un vecchietto mezzo cieco. È un susseguirsi di emozioni una più intensa dell'altra, lì a un metro da noi un concerto per pochi intimi, senza un microfono senza niente, solo gli strumenti e l'energia che non potrebbe lasciar indifferente nessuno, ma proprio nessuno. Il figlio passa al piano e lo suona da dio. Nel primo atto si susseguono pezzi classici jazz, con assoli vari alternati dei tre strumentisti. Nella pausa si raccolgono offerte del pubblico, si beve succo di mela e si mangiano biscotti. Ma cosa vuoi di più? Poi riattaccano con la stessa intensità di prima. Si alternano pezzi tristi piano e voce, e pezzi allegri e veloci con tutta la band. Hai appena smesso di piagnucolare sul pezzo triste che già ti ritrovi come uno scemo a battere le mani su quello dopo. Alcune canzoni di Natale e parte pure il coro del pubblico, quelli che sanno le parole chiaramente. L'apice del concerto é un pezzo solo del contrabbassista con l'archetto (abbiamo poi scoperto che si tratta di Bob Cunningham, un pezzo di storia dell jazz nero di Harlem). Ci fa un pezzo che lascia tutti a bocca aperta, tra l'estasi e lo stupore. Aline voleva filmare ma non ce l'ha fatta, si é bloccata prima. Saranno cose banali, ma in quel momento ho pensato che questo é il succo della vita; le emozioni che ti inchiodano alla sedia. Le cose che succedono e che più passa il tempo e ci pensi, più acquistano di forza e di significato. Sono le cose che si ricordano con intensità e che hanno un significato universale, anche se poi ognuno la vive come vuole. Ho capito che le emozioni che si possono provare sono infinite e che sono tutte dentro di noi. Bisogna solo andarle a cercare e tirarle fuori con dei media, come può esserlo il nostro contrabbasista. Dopo un altro paio di canzoni di Natale e un reading di un'altra tizia che implora il "Lord" (mi sono quasi convertito)(ho detto quasi) il concerto finisce. Marjorie ringrazia tutti per l'entusiasmo e l'energia che abbiamo portato in casa sua. Tutti ne hanno tratto qualcosa, tutti han vissuto un momento incredibile. Marjorie ha perso suo marito 3 settimane fa e lui e il figlio sono qui a cantare per noi. Ecco. Questi hanno tutti il nostro rispetto e la nostra stima, questa gente affronta tutto con la musica, é la loro religione. Ce ne torniamo a casa in silenzio, é domenica sera ad Harlem e ci sentiamo vivi.

NB: il video di Ranaldo non l'ho fatto io
PS: seguiranno edit con foto e forse video

Lee Ranaldo
Il ruhm&cola e i popcorn... sfocati!


The dirtbombs con una piega da dinosauri.


Da Marjorie



4 comments:

guido said...

avete emozionato anche noi che leggiamo, dan

guido said...
This comment has been removed by the author.
camylane said...

Brividoni.

cugi said...

magnifico, ma siete sicuri che tornerete indietro?