Seduta nella lounge cabin nel treno verso Chicago, basta fermarsi un attimo, sedersi e la gente appare, davanti a me, come in un film. Se mi avessero raccontato com'era prendere il treno per Chicago penso che non ci avrei creduto, o perlomeno avrei pensato che si trattasse di semplici generalizzazzioni, come sempre e che il circo c'è ma non bisogna esagerare. E invece no. Dopo una pausa di quaranta minuti per aggiungere tre vagoni al nostro treno, e tutti mi raccomando a guardare il congiungimento meccanico delle due carrozze, finalmente anche il vagone lounge ha trovato il suo posto. Per lounge s'intende un vagone-bar dove si può leggere, mangiare, giocare ecc. Guardare il paesaggio. Visto che per una serie di coincidenze che tralascio mi sono beccata la vicina di posto alcolizzata, appena aggiunta la famosa carrozza lounge sono scappata. Con tutto, panini, libro, i pad, diario, macchina fotografica. Non si sa mai cosa abbia voglia di fare, nel dubbio prendo tutto. Piano piano la gente arriva. Prima una donna solitaria, un pò come me (domani con france ci troviamo a chicago per continuare e iniziare il viaggio insieme), poi un giapponese, tutto regolare. Poi tre amiche vecchiette, che fanno tenerezza e portano quell'esempio che uno si dice, anch'io voglio essere così alla loro età, andare in viaggio in treno con le mie amiche e sedermi nel vagone lounge e chiacchierare guardando il paesaggio. Ma fin qui ancora tutto regolare. Poi arriva la tizia vestita di rosa con il maglione nero con scritto pink quattro volte che si mangia l'hamburger riscaldato nella plastica nel microonde. Chiaramente ascolta l'ipod e non sente i rumori che fa con la bocca e la french manicure. Poi arriva un altro tizio, che sembra tranquillo. Anche lui, come me, non compra niente dal baretto e si mangia un panino homemade. Poi dopo un pò, prende da sotto il tavolo una valigia, la apre, e tira fuori una macchina da scrivere, enorme, e comincia a picchiettare scivendo chissà che capolavoro. Magari vuole fare come keruak e andare fino a san francisco credendo che è il treno ad aver creato un best seller e non la bravura dell'autore. Poi arriva il tipo infighettato con i capelli biondo platino, che continua a guardarsi nei vetri e controlla se la gente lo guarda. Chiaramente io lo stavo guardando, ma faccio finta di niente. Forse è albino e non tinto, ha il gilet e la cravatta con lo stesso motivo da tenda roccoccò. Poi davanti a me la donna intraprendente probabilmente scrittrice o sceneggiatrice, tira fuori mac, quaderni, caffè e scrive a matita, e mi da voglia di comprarmi un quaderno come il suo, e una matita, e magari un giorno scriverò qualcosa di decente pure io. E poi arrivano loro, la giovane coppia di mormoni, lui con i capelli stile robin hood a padella, che puzza di brutto ma perchè i mormoni mica mettono il deodorante. Lei bionda verginella con il cappellino bianco che copre i capelli, un vestito lungo blu molto clericale e.... un succhiotto al collo. Molto clericale. Lui che alla mano sinistra mancano medio, anulare e mignolo. La cosa assurda è che mi dico subito, ma davvero subito, che è normale, i mormoni tagliano la legna, fanno quei lavori che si facevano un tempo, e si sarà accettato via le dita lavorando duro in compagnia del papà e i dieci fratellini. Normale, quindi. È appena passato il fotografo del red rock, stivali da cow boy, pantaloni neri un pò attillati, camicia nera, gilet con ornamenti floreali in argento, orecchino, faccia seria un pò alla cantante dei metallica, capelli grigio scuro lunghi raccolti in un codino. Prima l'ho visto arrivare con una marea di zaini tecnici, cavalletti, porta riflettori e ogni volta, ma sempre, penso a cosa non mi sono portata e me ne pento. È come essere al cinema e vorrei fissare in un momento questa gente. Mi chiedo come sarebbe se la tele avesse accettato la mia proposta di fare un servizio sulla gente che prende il treno negli stati uniti. Ce l'avrei fatta a filmare questa gente? Forse è meglio lasciarli lì dove sono, e non farli parlare. Sono un miraggio davanti a me e con la loro semplice presenza raccontano storie. È assurda la vita, è tutto così fottutamente presente, in cerca di protagonista e io, a guardarli mi chiedo dove sono in questo gran circo che abbiam scelto di seguire. Ho appena visto passare la mia vicina di posto. Speriamo prenda una bottiglia d'acqua come prima e non un bianchino, se no sono fottuta, questa ben che vada canta tutta la notte, male che vada russa e mi vomita addosso. Vada per il canto. Appena arrivati a denver mi prendo il quaderno americano e la matita, almeno dopo ci sarà france a fianco a me, niente più sorprese (il capo treno a New York dice "today you will make new friends!" Oggi vi farete nuovi amici!). Troppi propositi, niente di concreto. In questi ultimi mesi ho l'impressione di essermi fatta scivolare addosso il tempo. Squisch. E neanche me ne sono accorta che potevo dirgli di andare piano con me, che devo capire in che senso prenderlo. Poi uno si direbbe, ma il tempo non è mai perso. È proprio perdendosi che poi nascono le migliori idee. Il fatto è che ho l'impressione che pure la mente si sia fermata. La vicina ha preso un caffè, bene. Mi sa che ha finito i soldi dati dalla canadese cafona per farla spostare di posto. Sarà che s'è accorta che mi da fastidio, sarà che ha acidità di stomaco. Sarà che è triste, chissà perchè. Mi ha detto che torna a casa, in California a Los Angeles dopo aver cercato di vivere a New York ma aver fallito, perchè la vita a New York è assurda, e troppo cara. Volevo dirle che New York è una città per ricchi, ma non gliel'ho detto e non so perchè. Credo di aver avuto paura che pensasse che fossi ricca, perchè all'inizio le ho detto che vivevo proprio a New York e che andavo a Chicago per vacanza. Quante storie inutili mi faccio. Forse in realtà a fianco a me c'è la più normale degli americani. Sola, che ha capito e fugge da tutto questo a modo suo. Che in più torna a casa o treno, tre giorni di viaggio per andare fino a Los Angeles, altro che chicago e denver. Le piace guardare il paesaggio di giorno, mi dice. Dovrei tornare là e parlare con lei. Il problema è che bofonchia e non si capisce niente di quello che dice perchè, appunto, è alcolizzata e parla, come tutti gli alcolizzati, con la bocca impastata dall'alcool. Mi sono venute in mente delle foto di un fotografo americano, ora tanto per cambiare non mi viene in mente il nome, dei suoi genitori alcolizzati a casa. La mamma che fa il puzzle (è una delle più famose), i genitori insieme. Il padre, magro, che beve. Mi sembra questo, e altro. L'america che conosciamo in europa attraverso i fotografi è tanto vera, poi bisogna viverla per capirla, ma abbiamo tutto davanti.
Il padre dai tre figli strani passa da qui per la settima volta, almeno. Dice al controllore che suo figlio ha paura del buio e che non ce la fa con la carrozza buia, se è possibile di accendere le luci. Se continuo penserete che esagero. Ma giuro, scrivo in tempo reale a ritmo della macchina da scrivere. Ma avranno fatto l'amore i due giovani mormoni?
I tre portoricani, i più normali, giocano a scopa. Mi viene in mente un film di Jeunet e Caro, delicatessen. Mi immagino tutti impazziti alla fine della serata ridendo forte, tutti amici di prima, in una grande orgia.
Mi accorgo che non siamo in un tunnel da mezz'ora, ma siamo in campagna e a quest'ora, le 8.43pm, fa buio. Ma fa buio pesto! Siamo in campagna, appunto. Non siamo più abituati al silenzio e al buio. Le stelle ci sembrano in mistero visibile solo nei film. Non vedo l'ora di essere in tenda e guardare le stelle. Ciao vacanze, stiamo arrivando.
1 comment:
Sembra quasi la sceneggiatura di un film......
é sempre un piacere leggervi
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