Friday, June 29, 2012
Presente
A New York ho imparato che la vita dev'essere vissuta al presente.
Wednesday, June 27, 2012
Sono andata a fare la spesa
e ho guardato.
Ho guardato Edgecombe, sembrava la prima volta. Ogni volta, ogni giorno, ad ogni ora ci sembra di scoprire Edgecombe, Harlem. Ad ogni temperatura poi la gente cambia, i colori, i giochi per le strade. Poi basta andare a spasso, spostarsi di fretta o lentamente che nuovi dettagli appaiono. Come il gatto, che è sempre all'angolo lì, ma sempre. Non è un caso né è li un giorno e poi basta. È il padrone dell'angolo e noi, di passaggio, non possiamo che accettare questa nostra condizione.
Wednesday, June 20, 2012
Photos
Ci siamo!! Stiamo facendo ordine mentale e mettendo le foto nel nostro blog, più o meno coerentemente. Magari poi di giorno in giorno ne appariranno di nuove e scompariranno di vecchie...
Check out the old posts with new pictures!
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Montreal
Il treno finalmente si muove, dopo
avere aspettato l'altro treno che occupava il binario dirigendosi in
direzione opposta. Fuori dal finestrino una distesa infinta di verde,
di alberi e prati che fan dimenticare dove siamo. Non é importante,
siamo qui in mezzo a questo verde. Potremmo essere in Svizzera, in
Italia, o in Francia, una domenica di sole. Torniamo a Losanna dopo un weekend in Ticino. E siamo sul treno che
viaggia e che fa viaggiare con la mente. Dopo un weekend a Montreal
stiamo tornando ora a NY. Ci rimangono 5 mesi in questa giungla di
città, e ancora tante, tantissime cose da fare per rompere la
maledetta routine. Non é questione di aver tutto a portata di mano o
di vivere in in valle o all'altro capo del mondo. Le cose da fare ci
sono sempre in mezzo alla natura o in mezzo alla cultura, basta andre
a cercarsele. Lo scrivo adesso e qui, dopo questo weekend a Montreal, città tranquilla e con un offerta infinita di attività, almeno
durante questa stagione. Lo scrivo adesso perché voglio ricordarmi
che vivere in Ticino sarà una cosa da prendere come se fossimo degli
Americani che si trasferiscono lì. Pensavamo di comprare una guida
della Svizzera, del Ticno e del Nord Italia che é a due passi da
noi ma lo conosciamo pochissimo per colpa di queta stupida cosa decisa
da altri che si chiama frontiera. Che é quella cosa che abbiamo appena attraversato, tra l'altro.
Montreal é stata intensa. Il primo
giorno dopo una colazione a base di waffel e sirop d'Erable preparata
da Jaqueline et Joseph, gli zii di Aline, ci siamo
diretti in centro. In bici – tanto per cambiare - aggratis,
ci siamo diretti al parco Mont-Royale con l'idea di avere una vista
dall'alto per iniziare, ma il caldo + bici + jeans ci hanno fermato
prima. Abbiamo quindi fatto solamente la parte bassa del parco per
poi dirigerci verso il centro città, attraversato un paio di
università e la zona nuova della città all'ora di pranzo. Poi ci
siam diretti verso la Vieux Montreal, mangiato qualcosa lì in mezzo,
guardando metà della partita Svezia – Inghilterra, in un bar mega
simpa. “Siete italiani? Da dove venite, vi piace Montreal?” una mamma con un figlio silenzioso che probabilemente studia lì e
che non ha voglia di parlare con lei. Un croque monsieur e un
cameriere proprio francese ci danno una vaga impressione di essere in
Europa. Ci sentiamo come in una città di mare, Trani, Genova, ma non sono in Francia. Giriamo ancora un po'la zona del porto e
visitiamo la cattedrale di Notre-Dame. Ma poi ci tocca riportare
indietro le bici prima delle 6. Decidiamo di riportarele e di tornare
nella città nuova per dare un occhio a Franco-Folie, festival di
musica francofona. Sentiamo un paio di concerti di una noia mortale e
ci mangiamo le poutine (patatine e mozzarella fat) per compensare.
Poi capitiamo al concerto dei francesei Twin Twin, che fanno uno show
pop-techno mica male e fanno ridere. Il pubblico apprezza. Le birre te le
portano dei ragazzi facendole pagare qualche cent di più per il trasporto. La sera
torniamo alla base, dagli zii di Aline in periferia che ci
ingozzano con prelibatezze e dolci libanesi.
Ieri invece senza bici siamo tornati alla Vieux Montreal a mangiare
con il cugino di Aline che vive alle Barbados ma che sta qui quando là é troppo caldo. Dopo una visita al loro appartamento e una birra
ci dirigiamo assonnati, sempre con quest'impressione di essere al
mare, al quartiete latino. Rifacciamo a piedi un paio di strade già
fatte il giorno prima in bici e visitiamo una libreria con libri
ammassati ovunque e con il proprietario che nella calma più totale del
pomeriggio si ascolta l'opera a tutto volume. Capitiamo in un
festival immenso (non quello di ieri, un altro) liungo una via. Terrazze per sbevazzare allegramente,
sole trasversale e ombre lunghe, pagliacci che fanno ali e animail vari con
i palloncini, bambini pazzi di gioia che svolazzano con le ali-palloncino. Insomma good
vibes e tranquillità. Dopo una sangria siamo ciocchi e ci sentiamo un concertino di
una specie di Feist accompagnata da contrabbasso e chitarra
elettrica, seguiamo la via del festival con mille concertini e cose e cibo e ritorniamo a casa cotti. Ecco i nostri due intensi giorni a Montreal, sono qui.
Il treno é ripartito e ogni tanto
vorrei essere come quell'uccellino appollaiato fuori dal treno fermo, con
le ali rosse, che cinguetta senza che lo si possa sentire. Mi diceva che la
fuori c'é il verde, c'é il blu, c'é il bianco, e il rosso sulle
sue ali, che vuol dire battaglia. I prossimi due mesi sono a NY e sono
di lavoro. Poi si riparte con l'uccellino. Cip!
Dal Canada
squit squit
Fermi tra gli Stati Uniti e il Canada stiamo aspettando che questi cari guardia frontiera ci lasciano entrare in Canada. Tanto i canadesi non sono mica come gli americani, mica ci rompono. Sarà poi da vedere come rientriamo in america, patria dei controsensi.
Avevo promesso un diario dettagliato delle nostre vacanze, del nostro road trip verso il sud, ma come troppe volte accade, non ho mantenuto la promessa (non che non mantengo le promesse, ma tenere un diario regolare si ). Ed ero pure motivata, partita con l'ipad e il diario in macchina, come Raquel, mentre Dario e France guidavano, noi dietro a scrivere, dormire, guardare il paesaggio o parlare, come tanto ci piaceva fare finche Raquel era qui a New York. Tante cose sono seccesse dal nostro ritorno dalle vacanze. Prima di tutto pure le vacanze, come quando stavamo visitando la casa di Elvis a Memphis e ci hanno rubato in macchina (ma forse l'ho pure già scritto), o il caldo insopportabile di New Orelans e gli ubriaconi per le strade, 24 ore si 24. Peggio di un qualsiasi carnevale di casa, forse peggio dal nostro punto di vista. Non so.... sarà che dopo il Mississippi e le sue viste mozzafiato, la sua terra e gente che non ha niente di particolare per gli altri ma così tanto per noi (che poi perché ci piacciono le cose diverse?? forse non siamo tanto così diversi, dipende tutto dal punto di vista, come al solito....)
Dal treno parte seconda.
Stiamo tornando dal Canada. Il paesaggio é lo stesso, ma nel senso opposto. Seduti nel vagone ristorante con internet come istrazione scriviamo entrambi per il blog. Il treno ispira alla riflessione, non mi stancherò mai di dirlo e ripeterlo, e probablimente france stà scrivendo la stessa cosa. Tutto questo verde, i laghi, la gente rilassata qui nel treno e fuori, tutto questo ci ricorda che siamo in america! sembrerà stupido ma dobbiamo ricordarci di questa fortuna che abbiamo. Il tempo passa troppo in fretta, si, ma dirlo non lo farà passare più lentamente e non serve a niente dirlo e ripetero. Non ci manca una settimana ma cinque mesi cavolo. E cinque mesi a New York, in ammerica non sono poco. Ma voler fare troppo non fa neanche bene. M viene in mente una frase che mi ha colpito di Aiko, non ricordo se lo diceva mentre si vestiva prima del suo matrimonio o durante un'altra occasione, insimma mi ricordo che disse "non faccio tante cose, ma le poche che faccio le faccio bene". Ed é tutto qua. L'eterno problema del voler fare troppo e di corsa per poi finire col non fare niente o il poco, male. Non aggiungo altro, passo il tempo a fare e rifare liste e ogni volta mi coglie il groppo del sapere cosa farò o meno. Prometto (ma forse dovrei smetterla di promettere cose che poi non mantengo) domani scarico le foto e vi mettiamo qualche immagine in questo bloggo, se no diventa un pò pesante la lettura senza immagini...
Amtrak, we love Amtrak
Mont Royal
La Basilique Nôtre Dame
Poutine
Soccer with David
Brunch in the vieux Montréal
Se il balcone crolla fa un favore alla società
Summerset
Pausa visto
Where is Jack?
Tuesday, June 12, 2012
Bici!
Gli ultimi due weekend la temperatura e la meteo erano perfetti per andare a farsi un giro in bici. Anche se NY non é proprio una città bike-friendly, trovo che la bici sia il mezzo ideale per visitarla se si disponde del tempo e della voglia (oltre che della bici, già!). Ci si rende conto di come le strutture e la popolazione cambiano velocemente da un quartiere all'altro, di quanto é grande sta robba che si sorregge e ci contiene, ci sballottola e ci fa incontrare. Ci si incontra tutti nello stomaco di NY. We are all in this together, una frase che piace dire agli americani, che da una parte ti da sicurezza, ti fa sentire parte di qualcosa, ma dall'altra con certa gente io non voglio proprio aver niente a che fare, altro che tughedder. Ma vabbé. In bici poi, dicevo, si ha la velocità ideale: non troppo lento, ci si ferma quando e dove si vuole, non ci si autoinfligge sofferenza come quando si corre e non si diventa pazzi a cercare un parcheggio o a capire dove si va come quando si gira in macchina in una città. L'ho già scritto e lo ripeto: evviva la bici.
Il weekend scorso siamo andati alla scoperta di Randall Island, un'isoletta all'altezza du Harlem che si può comodamente raggiungere con un ponte pedonale all'altezza della 103th Street. Sull'isoletta ci sono barbecue di famiglie di ogni nazionalità numerosissime e veri e propri party con tanto di insegne e decorazioni, impianto hi-fi e quant'altro. Sull'isola pure partite di baseball, cricket, fresbee e calcio femminile (qui é giocato più dalle ragazze che dai ragazzi) e una vista spaziale su Manhattan da un'angolatura ancora diversa. Assieme a Dario che ci ha seguito nell'impresa abbiamo guardato una partita di calcio femminile (zzz) mangiando un bagel al salmone and cream cheese e abbiamo riso dei messicani che guardavano e applaudivano la partita di calcio alla tele, posizionata dentro un furgone intanto che il resto delle loro famiglie sbragava in riva al fiume. Poi ci siamo diretti nel Queens attraversando il Robert F. Kennedy Bridge. Attraversare un ponte del genere in bici é un esperienza per tutti i sensi; un rumore di macchine insopportabile, vento fortissimo, puzza di smog, umidità estrema che sale dal fiume e ancora una vista che non stanca mai su Manhattan e su tutto quel che c'é sotto. Astoria é sempre una sorpresa, l'ambiene é più rilasato, le case più basse e la gente vive in un quartiere lontano dallo stress della city. In bici si vedono posti che non si potrebbero vedere con un altro mezzo. La gente va a fare la laundry, la gente va al baretto con wi-fi, la gente sta seduta sulla porta di casa. Volevamo pure andare da Rosario per comprare la mozzarella fresca per la pizza della domenica sera ma la domenica Rosario écccchiusò. Li mortacci sua. Poi ci siamo diretti verso il Queensboro bridge. "The city seen from the queensboro bridge is always the city seen for the first time, in its first wild promise of all the mystery and beauty in the world.” ― F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby. E dice tutto. Da fare! Note to self: bisogna assolutamente visitare e / o fare un bbq su Roosvelt Island, l'isoletta che si vede passando dal bridge.
Ieri invece avevamo appuntamento a Brooklyn per vedere Italia-Spagna, a mezzogiorno. Io ci sono andato in bici. Harlem, Central Park verso sud e ancora Queensboro bridge, ma stavolta per uscire da Manhattan e poi giù verso Brooklyn passando per Long Island City, cittadina "far-west" che offre un'angolatura ancora diversa sui grattacilei della city : da lì si vedono a tre quarti e non frontali. Attraversando il Pulanksy Bridge si arriva poi subito a Greenpoint, piena di risotranti polacchi (dove abbiamo poi mangiato - pesantissimo - dopo la partita) e di hipster tatuati e con la maglietta dei Guns'n'Roses, tutti uguali nella loro ricerca di diversità. Per tornare poi, sempre in bici ho preso ancora un altro ponte, il Williamsburg Bridge, con un passaggio pedonale tutto rosso, molto bello (ma con sempre il rumore delle macchine e dei treni che passano sotto, l'umidità, ecc). Poi first avenue tutta verso nord tra il delirio delle buche, dei taxi (meno male che son gialli almeno si vedono meglio), dei bus pieni di turisti, gli odori di cibi e di boh vari, la gente ciocca alla domenica sera, che attraversa la strada col rosso, cinesi, messicani, ebrei e italiani. Ieri era anche il Puerto Rico day, quindi la fifth avenue era una specie di party sud americano. E poi ancora Central park verso nord, con l'arietta fresca della sera che esce dal verde e la puzza di merda dei cavalli che tirano i carreti. E quel pezzetto di discesa in curva prima di arrivare all'uscita per Harlem dove non si può non lasciare il manubrio e sentire l'aria fresca sulle mani, sul corpo, tra i capelli.
Vorrei fare un video con tutti i pezzi che ho filmato girando in bici. Chissà, ora che l'ho scritto qui magari lo farò per davvero.
Il weekend scorso siamo andati alla scoperta di Randall Island, un'isoletta all'altezza du Harlem che si può comodamente raggiungere con un ponte pedonale all'altezza della 103th Street. Sull'isoletta ci sono barbecue di famiglie di ogni nazionalità numerosissime e veri e propri party con tanto di insegne e decorazioni, impianto hi-fi e quant'altro. Sull'isola pure partite di baseball, cricket, fresbee e calcio femminile (qui é giocato più dalle ragazze che dai ragazzi) e una vista spaziale su Manhattan da un'angolatura ancora diversa. Assieme a Dario che ci ha seguito nell'impresa abbiamo guardato una partita di calcio femminile (zzz) mangiando un bagel al salmone and cream cheese e abbiamo riso dei messicani che guardavano e applaudivano la partita di calcio alla tele, posizionata dentro un furgone intanto che il resto delle loro famiglie sbragava in riva al fiume. Poi ci siamo diretti nel Queens attraversando il Robert F. Kennedy Bridge. Attraversare un ponte del genere in bici é un esperienza per tutti i sensi; un rumore di macchine insopportabile, vento fortissimo, puzza di smog, umidità estrema che sale dal fiume e ancora una vista che non stanca mai su Manhattan e su tutto quel che c'é sotto. Astoria é sempre una sorpresa, l'ambiene é più rilasato, le case più basse e la gente vive in un quartiere lontano dallo stress della city. In bici si vedono posti che non si potrebbero vedere con un altro mezzo. La gente va a fare la laundry, la gente va al baretto con wi-fi, la gente sta seduta sulla porta di casa. Volevamo pure andare da Rosario per comprare la mozzarella fresca per la pizza della domenica sera ma la domenica Rosario écccchiusò. Li mortacci sua. Poi ci siamo diretti verso il Queensboro bridge. "The city seen from the queensboro bridge is always the city seen for the first time, in its first wild promise of all the mystery and beauty in the world.” ― F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby. E dice tutto. Da fare! Note to self: bisogna assolutamente visitare e / o fare un bbq su Roosvelt Island, l'isoletta che si vede passando dal bridge.
Ieri invece avevamo appuntamento a Brooklyn per vedere Italia-Spagna, a mezzogiorno. Io ci sono andato in bici. Harlem, Central Park verso sud e ancora Queensboro bridge, ma stavolta per uscire da Manhattan e poi giù verso Brooklyn passando per Long Island City, cittadina "far-west" che offre un'angolatura ancora diversa sui grattacilei della city : da lì si vedono a tre quarti e non frontali. Attraversando il Pulanksy Bridge si arriva poi subito a Greenpoint, piena di risotranti polacchi (dove abbiamo poi mangiato - pesantissimo - dopo la partita) e di hipster tatuati e con la maglietta dei Guns'n'Roses, tutti uguali nella loro ricerca di diversità. Per tornare poi, sempre in bici ho preso ancora un altro ponte, il Williamsburg Bridge, con un passaggio pedonale tutto rosso, molto bello (ma con sempre il rumore delle macchine e dei treni che passano sotto, l'umidità, ecc). Poi first avenue tutta verso nord tra il delirio delle buche, dei taxi (meno male che son gialli almeno si vedono meglio), dei bus pieni di turisti, gli odori di cibi e di boh vari, la gente ciocca alla domenica sera, che attraversa la strada col rosso, cinesi, messicani, ebrei e italiani. Ieri era anche il Puerto Rico day, quindi la fifth avenue era una specie di party sud americano. E poi ancora Central park verso nord, con l'arietta fresca della sera che esce dal verde e la puzza di merda dei cavalli che tirano i carreti. E quel pezzetto di discesa in curva prima di arrivare all'uscita per Harlem dove non si può non lasciare il manubrio e sentire l'aria fresca sulle mani, sul corpo, tra i capelli.
Vorrei fare un video con tutti i pezzi che ho filmato girando in bici. Chissà, ora che l'ho scritto qui magari lo farò per davvero.
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