14.8.2012
Stamattina sveglia alle 7, check
out veloce dal già mitico Budget Inn di Charlottesville “What kind of car do
you have? “ “Ehm, I don’t have one”. Il taxista che mi ha portato dalla
stazione al motel l’ho chiamato ieri ed é già fuori che mi aspetta per
riportarmi in stazione. Ha
lavorato tutta la notte e mo se ne va a dormire. Gli dico di portarmi al Blue
Moon, un Diner vicino alla stazione, per una colazione come si deve prima della
partenza. Entro ed é vuoto, il cameriere già mi sta simpatico non appena lo
vedo. Ordino cereali con yougurt, miele e frutta fresca e un succo di mela. Poi
vedo che comincia a selezionare dei dischi dalla collezione del padrone esposta
sulle finestre e attacco bottone. Mette i dischi su un giradischi che suona fino
a 6 dischi uno dopo l’altro. Il posto é proprio carino, un tipico diner con il
cibo da diner e la gente da diner. Dal 1949. Il mio oramai amico barista é pure
battersita, ha un figlio di 14 anni che ascolta solo musica su mp3 « the
qualitiy is sooo bad » e non gli piace la California, preferisce i posti piccoli
ma dove c’é un po’di vita, come Charlottesville. Che un po’assomiglia a
Chiasso. Inizia anche con la « C ». Nel diner c’é musica live ogni
sera, tranne le due sere che ero li io, quindi non mi sono perso niente. I
musicisti viaggiano da sud verso NY e si fermano a fare una strimpelllata qui. Non so
dove suonino perché il posto é piccolissimo, ma vabbé. Mi immagino la bella
atmosfera che può esserci con musica live in un posto del genere e con la gente
che se ne fotte di fare carriera in una grande city. E quindi con un certo qual
fascino per il sottoscritto.
Lascio il diner e quello che pensavo fosse il mio
nuovo amico del cuore mi saluta con un anonimo « safe travel » senza
nemmeno guardarmi in faccia. Non mi abituerò mai. Come arrivo alla stazione
arriva il treno. Il viaggio di un paio d’ore che con il wi-fi volano, scrivo
mail e mi connetto a linked-in con la gente conosciuta al congresso con in
testa l’idea old-style che conoscere gggente e rimanere in contatto può sempre
servire, ma con la consapevolezza che non li risentirò mai più. Prima tappa del
viaggio : Washington! Ho 4 ore per visitare la città : Washington
express ! Lascio la valigia in stazione a un prezzo improbabile: 24
dollari per 4 ore. Lo sanno benissimo che ci sono treni che ti permettono di
stare solo alcune ore in città e che devi per forza lasciare la valigia e quindi
se ne approfittano. La hall principale d’entrata é spettacolare, non mi
aspettavo una cosa così colossale, come spettacolari sono la maggior parte
degli edifici sul campidoglio. Non ho letto niente, non me frega nemmeno tanto,
ma dovevo fermarmi qui e quindi mi faccio sto giro. Mi dirigo verso il
Campidoglio insieme all’ondata di turisti arrivati con il mio o un altro treno.
Scatto milioni di foto. Un nero fuori dal parlemento mi chiede che cosa ne
penso del matrimonio gay e io dico « why not ?». Gravissimo errore,
questo inizia a farmi una teoria che si ci può stare ma che non é giusto che si
possano sposare, non é naturale insomma.
Alla parola « naturale » già mi vengono i brividi ma lo lascio
continuare. Comincio a pensare a un esempio per convincerlo del
contrario ma il predicatore é lui e se non sta zitto un attimo. Mi viene in
mente di dirgli che sai, prima era normale che le donne non votassero ora é
normale che votano, le cose cambiano. Ma lui mi anticipa con un altro
esempio : vedi quest’albero, questo possiamo chiamarlo macchina, o treno,
o Svizzera, ma in realtà noi sappiamo benissimo che questo non é nient’altro che un albero.
Dopo questa elucidazione aristotelica decido di lasciar perdere con il mio esempio
sul voto delle donne e gli dico semplicemente che ho solo 2 ore per visitare
Wahington, quindi devo andare, nice to meet e byebye.
Continuo in direzione casa bianca sotto un sole
concente e verticale, portandomi dietro un sacco pesantissimo con dentro acqua,
pc e macchina fotografica, perché non si sa mai cosa succede se li lascio in
valigia. Sulla passeggiata verso l’obelisco che si scroge da lontano ci sono tutti
i grandi musei di arte, di natura e quant’altro. Tutti predisposti come in
un’antica città romana, colossali. Washington é una città razionale, tutta
squadrata, con le ellissi, le vie mastodontiche, i palazzi immensi e anonimi. E
una città di gente che lavora per il governo, quelli che si aggirano per la
città con pantaloni, la camicia e la cravatta all’ora di pranzo con il
cartellino con su la loro foto svolazzante. Ma chittelofafare di venire a
lavorare in un posto del genere? Ma che gente é questa ? La mia prima
impressione é che sta gente é di partenza molto ambiziosa, hanno esultato
quando hanno saputo che avrebbero lavorato a Washington. Non é un posto per
stare questa città finta, mi mette addosso tristezza. Non li giudico per
carità, oguno é libero di fare e pensare quel che vuole. Quello che penso io
oggi qui é questo, e quindi lo scrivo. Leggevo sulla guida che han deciso di
construire Wahington, la gittà governativa, qui, in questo posto con un clima
da schifo per far si che chi lavorasse al governo non volesse starci per
sempre. Beh allora se é per questo ha funzionato.
Arrivo finalmente a sta cazzo di
casa bianca, parlando da solo in inglese a voce alta e dicendo « Let’s go
to the fucking white fucking house to take a fucking picture and then go fucking
back, I know you’re listening to me” con in mente scene da film dove un pazzo
cerca di far saltare un bomba alla casa Bianca. Purtroppo non succede niente,
nessun poliziotto ambizioso di Wahington mi ferma per aver parlato a voce alta.
Eccomi arrivato alla casa Bianca, le mille foto che guardavo prima in treno in
internet sono mille volte meglio della realtà, non si vede una mazza. Faccio la mia foto demmerda e
riprendo la via del ritorno.
Ho ancora un po’di tempo e tra il museo di
storia natuale e quello dell’arte scelgo l’arte. L’information desk all’entrata
mi fornisce una cartina e un foglio con le highlights per quelli che hanno meno
di un’ora per visitare il museo. Perfetto! Senza nessuna audioguida mi dirigo
verso ‘ste highlights, Van Gogh, “autoritratto”, Leonardo da Vinci “Genève
qualcosa”, Cezanne “boh”, Rembrandt “ariboh”. Passo in media dai 30 ai
35 secondi davanti ad ogni dipinto senza nemmeno leggere il cartellino e faccio
una foto di tutto quello che vedo che do biada a tutti i jappi che ci sono in
giro. In mezz’ora ho fatto tutto, sono soddisfatto, ora devo magnà qualcosa
sennò svengo. Vado al café e
ci sono solo menu per gente che ha soldi e tempo, visto che non ho né uno né
l’altro me ne vado. Chiedo a un tizio per strada dove posso farmi un
paninozzo e mi dice « at the very end of that corner » e perché quello
finto dov’é ? Mi rifugio
al Deli gestito da cinesi, con messicani e neri che mangiano. Buffet
caldo per pochi dollari pastame e verdurazze con un bell’Vitamin-Water al gusto
di frutta mista. Sono soddisfatto. Faccio un paio di foto ricevendo lo sguardo perplesso
di un nero fatto che é appena entrato. Torno in stazione, ho un’ora inizio a
scrivere sta cosa nella hall centrale, sul bar rialzato, mi chiama Aline, mi bevo
un té freddo non zuccherato, ritiro la mia valigia, compro acqua e colazione e
mi imbarco. Il treno é il Capitol Limited un treno a due piani fatto di latta
scintillante. Credo di essere simpatico alla capotreno che mi ha dato il posto
vicino alla finestra. L’uomo
alla mia destra pure mi sta già simpatico, penso che la moglie gli abbia proibito
di portarsi dietro il computer e un po’mi invidia, ma forse no. Comunque siam
partiti da 15 minuti e lui ha già cenato, checkkato il suo smartpohne 15 volte e
ora dorme. E sono le 4.30pm. Io tra poco mi sparo la cena al ristorante del
treno, se riesco perché ho appena sentito che forse bisogna riservare.
1 comment:
Va be che siete in vacanza, ma noi non abbiamo così tanto tempo per leggere e poi il capo ci sgrida....
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